Nelle sale italiane esce oggi I fantastici viaggi di Gulliver, la rivisitazione del romanzo di Jonathan Swift che il regista americano Rob Letterman ha pensato per un pubblico giovane. La critica lo descrive molto incentrato sul contrasto piccolo-grande; i personaggi principali sono infatti Gulliver, l'uomo, impersonato dal robusto Jack Black, e i lillipuziani, uomini piccoli e operosi. (Sono del tutto assenti i riferimenti di critica sociale del buon Swift, non c'è traccia né dei giganti di Brobdingnag, né gli immortali struldbrug destinati a invecchiare sempre di più, né degli Houyhnhnm, cavalli perfetti che comandano gli uomini deformi Yahoos). Questa predilezione che il regista mostra per il contrasto dimensionale, ci ha portato a riflettere su come la fascinazione per le realtà piccolissime sia frequente nel cinema (e nella letteratura).
I lillipuziani di Swift erano alti 15 centimetri, piccoli rispetto all'uomo, eppure dei giganti se consideriamo che un secolo e mezzo dopo, Lewis Carroll riduceva le dimensioni di Alice a 8 centimetri, per condurla tra i bruchi e i grilli del mondo meraviglioso. Tre millimetri al giorno era invece la velocità di rimpicciolimento che subisce Scott Carey dopo essere stato colpito da un misterioso raggio elettromagnetico. Protagonista di The Shrinking man, il racconto di Richard Matheson scritto nel 1957 e diventato sceneggiatura subito dopo per il film dell'Universal Pictures, Scott subisce una riduzione illimitata, fino a diventare infinitesimo - il niente che eppure esiste.
In Viaggio Allucinante (qui il trailer) il rimpicciolimento è controllato e diretto da un équipe di scienziati: un gruppo di medici a bordo del sommergibile Proteus viene ridotto a dimensioni micrometriche, affinché possa viaggiare all'interno del corpo di uno scienziato russo in coma e operarlo al cervello; la miniaturizzazione ha effetto per un tempo limitato e il sabotatore... La sceneggiatura fu riscritta in romanzo da Isaac Asimov, e alcune voci (qui) suggeriscono che Roland Emmerich stia lavorando a un remake prodotto da James Cameron (qui). La stessa idea era già stata ripresa nel divertente film di Joe Dante, Salto nel buio (qui), nel 1987.
Più reali i mondi piccoli di Microcosmos (qui) uscito nel 1996. Mentre al confine tra scienza e fiction è invece DOT (qui), dove le riprese sono state effettuate tramite un "celloscopio", uno strumento per la ripresa continua di immagini al microscopio inventato dalla CellScope, e il soggetto è stato curato e realizzato dalla Aardman Animations.
Insomma, il fascino per il piccolo non è solo dei nanotecnologi, anche se per noi è quasi una vocazione. "Il mondo invisibile degli atomi e delle molecole" fu uno dei motivi che spinse Enzo Di Fabrizio a diventare un fisico, e il desiderio di "scoprire i processi della natura che non si vedono a occhio nudo" condussero Manola a studiare biotecnologie.
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