Giovedì, ore 20, dipartimento di Nanofabrication.
I corridoi sono silenziosi e vuoti, gialli al neon, gialli di piastrelle e pareti. La notte riempie i finestroni che affacciano sulla valle. Le porte di molti uffici sono chiuse; in quelli ancora aperti la lampada sulla scrivania illumina un angolo buio. Nel silenzio, il refrigeratore dei distributori automatici compie un ciclo di pompaggio. Alcuni ping di skype arrivano da un computer lasciato aperto. Il ronzio del neon pare forte a quest'ora.
Carla ha i capelli raccolti, cammina piano. Ha preso un tè alla macchinetta, saluta con voce delicata, cammina piano, pensierosa, lungo la linea che conosce a perfezione fino al suo ufficio. Remo entra e chiede con accento romagnolo: “Dov'è Enzo?”, “È andato” rispondo "un impegno in città", “No!” dice e se ne va a passo silenzioso. Voci arrivano dal corridoio, uno è Gobind, indiano, seguito da Francesco, calabrese. Discutono di misure, di tecniche “vuoi fare così...” e camminano a passi lunghi e spediti.